Zuckerberg – DEI – 11.01.2025

Zuckerberg inarrestabile: chiude il programma di diversità e inclusione e attacca Biden. I dipendenti: «Cambieremo ogni volta che il potere cambierà?»
di Martina Pennisi
Continua la metamorfosi di Zuckerberg e Meta in vista dell’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump

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Continua la metamorfosi di Zuckerberg e Meta in vista dell’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

«Uno sprint serrato di sei settimane, che ha colto di sorpresa persino i dipendenti» dell’azienda, scrive il New York Times.

Dopo l’eliminazione del fact-checking nei soli Stati Uniti, che ha un forte valore politico e simbolico, e la più impattante modifica della moderazione dei contenuti su Facebook e Instagram, che verrà introdotta a partire dalle prossime settimane in tutto il mondo, il colosso di Menlo Park ha comunicato ai suoi dipendenti l’interruzione immediata dei principali programmi di diversità, equità e inclusione (Dei). Non ci sarà più, quindi, una squadra di persone dedicata alla tutela delle minoranze nel corso di assunzione, formazione e scelta dei fornitori.

Maxine Williams, attuale responsabile della Diversity, assumerà un altro ruolo in azienda, incentrato sull’accessibilità.

Roy Austin, vice presidente dei Diritti Civili, ha annunciato contestualmente le sue dimissioni sottolineando «le complessità e le sfide del nostro lavoro» e il fatto che i 13 membri del suo team verranno assegnati ad altro.

La motivazione addotta da Meta, in una nota della vice presidente delle risorse umane Janelle Gale: «Il panorama legale e politico intorno agli sforzi per la diversità, l’equità e l’inclusione negli Usa sta cambiando». Prosegue la nota, pubblicata da Axios: «La Corte Suprema degli Stati Uniti ha recentemente preso decisioni che indicano un cambiamento nel modo in cui i tribunali tratteranno i programmi Dei». E ancora: «Il significato della sigla Dei è cambiato, perché alcuni la intendono un trattamento preferenziale di alcuni gruppi rispetto ad altri». L’intenzione, ora, è di «applicare pratiche eque e coerenti che mitigano i pregiudizi per tutti, indipendentemente dal background».

Dicono, dunque, di volersi assicurare che non ci sia nessuna corsia preferenziale per «supportare le persone sottorappresentate nella nostra forza lavoro e attraverso i nostri prodotti», come invece scriveva Williams nel 2022 nell’ultimo rapporto disponibile sulla Diversity di Meta, dal quale emergeva come, nonostante gli sforzi fatti fino a quel momento, solo il 37,1 per cento della forza lavoro fosse costituito da donne, il 4,9 da neri e il 6,7 da ispanici.

Zuck, intanto, è inarrestabile e apparentemente euforico mentre si toglie qualche sassolino-valanga dalle scarpe: a Joe Rogan, il podcaster più famoso d’America con cui Trump aveva conversato per tre ore in campagna elettorale, ha detto: «Ora ho un controllo molto maggiore su quella che penso che dovrebbe essere la policy, e credo che così sarà anche in futuro».

Poi l’attacco all’amministrazione uscente dell’attuale presidente Joe Biden, che lo avrebbe obbligato a «censurare» determinati contenuti. I funzionari della Casa Bianca avrebbero «urlato» e «imprecato» contro i dipendenti di Meta durante le discussioni su come moderare i contenuti relativi al Covid durante la pandemia.

All’epoca, nel 2020, quando stava per iniziare la prima campagna di vaccinazione, era stata presa la decisione drastica di rimuovere le informazioni false sui vaccini, mentre fino a quel momento il colosso aveva optato per una riduzione della visibilità concessa a pagine e gruppi no-vax e per il rifiuto di pubblicità false sul tema.

Biden, rispondendo ai giornalisti, si è rivolto a Zuckerberg per commentare l’abolizione del fact-checking: «Penso che sia davvero vergognoso. Dire la verità è importante. Pensate che non sia importante che si lascino stampare, o che milioni di persone leggano, cose che semplicemente non sono vere? È completamente contrario a tutto ciò che è l’America».

Anche fra una parte dei dipendenti di Meta serpeggia nervosismo: «Sono Lgbt e malato di mente. Mi prenderò del tempo per occuparmi della mia salute mentale» ha scritto un dipendente sulla piattaforma interna di Meta Workplace, facendo riferimento a una frase consentita dalle nuove regole sulla moderazione. Altre frasi che si potranno scrivere senza incorrere in interventi delle piattaforme, come scrive Casey Newton su Platformer: «Una donna trans non è una donna, è un uomo patetico e confuso». Oppure: «Tutta questa faccenda delle persone non binarie è inventata. Quelle persone non esistono, hanno solo bisogno di una terapia», «Una persona trans non è un lui o una lei, è una cosa (“it” in inglese, ndr)».

Sempre Newton ha riportato un commento di un altro dipendente sulla chiusura dei programmi Dei: «È un po’ folle, se il risultato delle elezioni fosse stato diverso, niente di tutto questo sarebbe successo? Significa che stavamo facendo cose in cui non credevamo? Avremo cambiamenti così grandi ogni volta che il potere cambierà?»

Secondo le fonti sentite dal New York Times, il cambiamento di Zuckerberg – e di conseguenza quello della sua azienda da 1,5 migliaia di miliardi di dollari – ha un duplice scopo: posizionarsi in vista del 20 gennaio, quando Trump entrerà in carica, e uscire allo scoperto con le sue opinioni originarie, che non vuole più tenere nascoste. «E sarà così anche in futuro» cit.