The difference between a lady and a flower girl is not how she behaves, but how she is treated”
Audrey Hepburn – My Fair Lady, 1964
Ho scelto questa frase perché rappresenta la natura del laboratorio che oggi presento e in parte rappresento. Il pluripremiato film My Fair Lady, interpretato proprio da Audrey Hepburn nel 1964, è stato e rappresenta in modo eccezionale come sentirsi a proprio agio e rispettati possa cambiare completamente la percezione che si ha di sé e si possano scoprire capacità personali di cui non eravamo a conoscenza finché la società non ce ne da atto.
ISIA Diversity & Inclusion LAB ha anche l’obiettivo di analizzare e monitorare il mercato del lavoro italiano per comprendere la matrice della discriminazione.
Il comitato scientifico, in continua evoluzione, lavorerà per garantire che si formi un vademecum esaustivo per le aziende che vogliono affidarsi alla ricerca di competenze, peculiarità e potenzialità.
Lavorando in sincronia con esperti di comunicazione, imprenditori e candidati la finalità è quella di evitare che si continui a perpetuare il meccanismo noto di scelte imprenditoriali che non tengono conto della formazione e della competenza acquisita prediligendo età, sesso, requisiti estetici o culturali.
Eguaglianza ed equità non sono sinonimi.
Eguaglianza è un punto di partenza, tutti gli individui hanno gli stessi diritti, mentre equità è il punto d’arrivo che dovrebbe valorizzare le differenze garantendo le stesse opportunità.
Il progetto DI ISIA LAB vuole superare le barriere comunicative nei processi di selezione, di inserimento, per poter partecipare al meglio alla vita delle realtà delle aziende italiane ed internazionali. Ambizioso ma non è irrealizzabile, anzi, il processo di equità sociale, culturale e lavorativo non è completo, ma è in fase evolutiva.
La meta non può essere raggiunta se non superiamo noi per primi le difficoltà di approccio alle realtà diverse dalla quella che abbiamo finora conosciuto, è necessario costruire una nuova visione dove non esiste un’idea di inclusione di un gruppo, una categoria, un genere che debba avere possibilità ed accesso equo, bisogna superare il concetto stesso di distinzione in microsistemi.
Rimarcare le differenze per costruire corsie preferenziali non aiuta la società a combattere l’acceso alle stesse opportunità, rimarca anzi il trattamento impari senza tener conto di percorsi di studio, ricerca e lavoro.
La comunicazione cambierà direzione e non ci sarà nessun bisogno di distinzioni perché si ristabilirà un contesto lavorativo e comunicativo dove l’apporto personale all’equipe sarà l’unico elemento distintivo.
Marina Ciferni